venerdì 27 marzo 2015

Il mio Cammino di Santiago (2)


5 ottobre

Parto alle 6.30 da Saint Lizier e cammino nel buio. Su una strada nazionale piena di auto che mi sfrecciano a fianco. Arrivano le prime tentazioni: lasciare il cammino e procedere velocemente in autostop verso la Spagna accorciando le tappe francesi. Mi preoccupano anche le spese che devo affrontare qui in Francia. Tutto sembra piuttosto caro, soprattutto per dormire e mangiare. Se però scelgo “la via rapida” questo significa anche perdere di vista il ritmo tranquillo che cerco e trasformare il cammino in una serie di tappe con delle mete prefissate. Preferisco fare altrimenti e quando finalmente ritrovo la GR (grande randonnée) con i suoi segni di indicazione bianchi e rossi mi sento sollevato. Subito si aprono nuovi orizzonti, incontro tanti animali e scopro qualcosa di inatteso.
Sulla mia strada, ho già incrociato tanti alberi secolari. Ieri ho pranzato sotto a una quercia maestosa vicino a La Gransse (Clermont), oggi, sempre per la pausa pranzo, mi sono fermato davanti ad un enorme faggio dai molteplici tronchi. Nel sentiero che conduce dal Col de Portet fino a Escabiros i faggi secolari si succedevano e, ai loro piedi, era fitta fitta la vegetazione di bossi.
A Razecueillé ci sono due castagni assolutamente incredibili. Mai ne avevo visti di così grandi. Questa parte di mondo ha dei lati ancestrali e gli alberi che ho visto raccontano una storia quasi millenaria.
Stasera sono a Juzet d’Izaut, seduto all’aperto sulla terrazza dell’Auberge du Cagire. La padrona è sembrata sulle prime piuttosto scontrosa ma si è sciolta quando le ho mostrato i tre porcini freschi e sodi che ho trovato sul cammino. Me li prepara per stasera e le ho proposto di mangiarli insieme. Il più bello? Un porcino bianco meraviglioso… Me lo sono trovato tra i piedi nel bel mezzo del sentiero. E dire che quando li cerco non li trovo mai!
Avrò camminato per 25 km e mi sembrano tantissimi. Quando non ce la faccio più devo smettere di pensare e concentrarmi sulle gambe che avanzano, un passo dopo l’altro. Ce la farò ad arrivare fino a Santiago? È salda la mia motivazione? Sono domande a cui non posso ancora rispondere.

Stamattina, quando cercavo un passaggio ed ero in preda ad una “fatica spirituale” oltre che fisica, nessun’auto si è fermata. Eppure molte sono quelle che mi sono sfrecciate accanto. Mi sono detto: “Dio vuole che cammini e che non mi lasci abbattere alla prima debolezza”. Poi, come ho detto sopra, mi sono rincuorato ritrovando il sentiero senza macchine e ho camminato a lungo, da Saint Lizier a Luzenac. Arrivato a Luzenac avrei voluto visitare la bella chiesa del XII secolo ma era chiusa.
Proprio lì a fianco c’è un parco dove vengono allevati i daini. Erano tanti e tutti mi fissavano immobili. Allora ho fatto qualche passo e mi sono girato all’improvviso. Erano ancora tutti lì a fissarmi penetranti, non una testa che si muovesse. Cento daini o chissà quanti ed è come se avessero un corpo unico, un movimento unico, un’attenzione unica!

Tornando sulla strada mi sono detto: “Faccio l’autostop ma accetterò un passaggio solo se arriva subito”. Un’auto si è fermata immediatamente! A bordo due tipi gentili, dei “marginali” a modo loro  con un gran cane nero che ha viaggiato tranquillissimo al mio fianco. Quando ho intravisto il cane nero mi sono detto: “Ahi, è perché ho accettato il passaggio…”. Ma poi si è rivelato un animale assolutamente gentile e da non temere. Per ora ho incontrato molti cani e tutti molto diversi tra di loro. Quando sono liberi e mi si avvicinano abbaiando mi fermo e li lascio annusare il mio bastone. I cani non mi fanno paura.

8 ottobre

Sono due giorni che non scrivo!
Ora devo recuperare e non so nemmeno quando lo potrò fare…
Un incontro non voglio mancare di sottolinearlo, quello con François e Geneviève, a Juzet d’Isaut la sera del 5 ottobre. Sono arrivati stanchissimi mentre io ero fuori a rilassarmi le spalle affaticate e a godermi il sole del tramonto. La padrona dell’albergo si stava dimostrando inflessibile: niente più camere da affittare quella notte! Così ho incontrato i primi pellegrini del mio cammino proponendo loro di condividere la mia stanza. Abbiamo dormito insieme, loro sul mio letto, io per terra su un materassino gonfiabile. Sono stato molto felice di rendermi utile e - di già! - di non essere più solo. Di queste due persone così particolari e sorprendenti parlerò ancora in seguito perché ancora oggi siamo insieme.
Oggi ho camminato solo. È stata una lunga giornata nella foresta, tra colli e ripide discese, cominciata nell’oscurità del primo mattino. Al buio preghi Dio di non farti perdere il cammino. Poi tanti passi solitari senza incontrare anima viva fino a sera. Quando ti perdi nei boschi - soprattutto quando sei già stanco - non è mai facile. Ritrovare i segni bianchi e rossi della GR o la conchiglia gialla - sono le prime che vedo, a me sembra un sole che irradia - vuol dire tirare un gran sospiro di sollievo. È così ogni volta. Ritrovare il cammino ti conforta e non è poco.
Ho incontrato tanti animali selvatici e anche un cerbiatto ha galoppato davanti ai miei occhi.
Sono giunto abbastanza presto a St, Bertrand des Comminges, mi sono sistemato nel campeggio e ho dormito in un piccolo châlet di legno molto accogliente (come quelli di St. Michel du Var). I miei amici francesi, giunti poco dopo di me, hanno invece dormito in una casetta tonda, una piccola “chiesa russa”.
Verso sera ho fatto il mio primo lavaggio di panni che non hanno fatto in tempo ad asciugarsi per la mattina successiva.
Prima però ero stato a visitare la Basilica di St. Bertrand: è straordinariamente bella e misteriosa.
L’entrata della cattedrale è un vero e proprio ingresso. Si salgono molti scalini verso il portale e ci si prepara ad entrare sentendosi piccoli piccoli. La basilica domina tutta la vallata, imponente, ma all’interno l’atmosfera è sacra e raccolta. C’è grande respiro. È un luogo di silenzio che invita alla preghiera. Ho pregato anch’io ed ero quasi solo in questo spazio immenso. Mi sono sentito accolto e non sperduto. Durante il cammino nei boschi mi ero perso davvero, poche ore prima, e avevo potuto ritrovarmi grazie al rifugio St. Martin. Il nome mi aveva fatto pensare al père Martin di St. Michel du Var, alla sua lunga barba e al suo sorriso e mi ero fatto guidare da lui in quel momento non facile. Ora vorrei spedirgli una cartolina di ringraziamento.
Il paese di St. Bertrand respira anch’esso di una storia antica ed è ancora oggi un vero borgo medievale. Ovviamente durante l’estate subirà l’invasione di turisti o “pellegrini turisti” ma si sente il passaggio di uomini di fede.
La mattina successiva, di buon’ora, con François e Geneviève abbiamo imboccato un sentiero di campagna con il sole che sorgeva alle nostre spalle e una luce rossa infuocata nel cielo terso che avvolgeva la cattedrale. Cominciavo a sentire il senso del cammino che ci porta sempre verso ovest, verso dove il sole tramonta.
Il 7 e 8 ottobre, abbiamo camminato sempre insieme attraversando paesaggi dolci e ondulati. In media 25 km al giorno. Loro camminano già da un mese e hanno un ritmo regolare e ormai corroborato. Siamo molto diversi ma c’è una buona intesa tra di noi. Lei ha 68 anni e credo che lui abbia all’incirca la stessa età. Portano molto bene i loro anni. Cosa dire di loro? Lei ha cinque figli, è una donna di polso, volitiva, dal carattere forte e un po’ spigoloso. Cammina davanti a noi e vedo ondeggiare la sua gonna all’antica. Molto cattolica e un po’ rigida ma anche con una bella apertura interiore e una certa curiosità. È del 1936, lo stesso anno della mamma. Lei e lui si danno del “voi”. Lui ha fatto una carriera militare - credo che sia un colonnello - ed è un tipo gioviale anche se un po’ burbero. Parla a voce molto alta - come fanno i militari - scherza molto, brontola sempre, ama mangiare. Ha una camminata ancora giovanile. Lei ha un koshi - la parola giapponese che indica la zona lombare della schiena e il bacino - ben saldo e forte, lui un koshi un po’ rigido. Mi chiedo come siano nella vita “normale” e se potremmo passare tante ore insieme come facciamo ora senza annoiarci a vicenda. Ad ogni buon conto credo che sia stata per me una fortuna incontrarli. Ho potuto camminare più disteso e seguirli. Loro mi hanno in un certo modo adottato e ora ci prepariamo a trascorrere qualche giorno insieme in alta montagna.


Per ora mi sembra di farcela. Regolarmente, intorno al diciottesimo/ventesimo km di cammino ho una piccola crisi. Brucio tantissime energie e mangio enormemente. Questo bel lavoro del corpo ha un effetto purificante sotto tutti i punti di vista. È quello che cercavo quando ho deciso di intraprendere questo cammino.
Nei rari momenti in cui posso entrare in una chiesa ne approfitto pienamente e l’emozione è forte.
Cammino, cammino, cammino, cibo, riposo e poi ancora cammino.
Ogni giorno prepari l’indispensabile per il domani. Tutto è piuttosto semplice e quando si è tanto stanchi non ci si occupa molto del superfluo.
Oggi siamo giunti a Bagnères de Bigorre, domani tappa per Lourdes.




                                               Con Geneviève, dopo una giornata di cammino


9 ottobre

Nella notte faccio tanti sogni in cui riemerge R. e un’atmosfera tutta particolare che ricollego a lui. Nella semilucidità notturna mi dico che devo riuscire, nell’arco di questo viaggio, a liberarmi di questo uomo e del suo mondo. Non di lui in persona, evidentemente, ma di ciò che di lui lavora in me e che pesa. Di quella parte di me che oggi deve e può andarsene.

Fin dal primo mattino si svegliano dolori e sensibilità che evidenziano il lateralismo del mio corpo. Mi fa male tutta la mia parte destra, il piede, la gamba, la spalla. Lo zaino sembra completamente sbilanciato da quella parte.


10 ottobre

Nella giornata di ieri, tra Bagnères de Bigorre e Lourdes (circa 27 km), ad un certo punto ci siamo persi per davvero. Per ritrovare la strada abbiamo dovuto passare sotto a un fitto reticolo di fili spinati di una proprietà privata. Un uomo a cui avevamo chiesto aiuto ci ha detto che quella era l’unica soluzione per non allungare in modo eccessivo il cammino (in alternativa avremmo dovuto fare il giro della collina ovvero camminare per molti km…). “Attenzione però, perché i proprietari di quella casa sono gente strana. Sparano a vista - con il fucile! - su quelli che passano nella loro terra…”. L’impresa aveva quindi un che di avventuroso e rischioso e non sono mancati gli aspetti divertenti. Nel massimo silenzio e molto circospetti stavamo faticando per far passare oltre il reticolo gli zaini, i bastoni e tutto il resto quando si è avvicinato a noi un giovane asino molto vivace che ha cominciato ad annusarci tutto sorpreso. Noi infilati sotto al filo spinato e lui che ci manda il suo alito caldo sulla faccia. Quando poi ha capito che stavamo per allontanarci ha cominciato ha cominciato a ragliare fortissimo e a battere gli zoccoli sul terreno. Ci ha inseguiti al galoppo e voleva evidentemente che rimanessimo con lui! Niente spari comunque, probabilmente i proprietari dal grilletto facile dormivano o non erano in casa…
Tappa lunga quella di oggi e infine il “bagno” nella megatruffa di Lourdes.
Lourdes è una cittadina disgraziatamente e disperatamente profana. Invasa da migliaia di invalidi, di assistiti, di assistenti, di vecchi preti e suore zelanti.
L’atmosfera che si vive è assolutamente irreale.
I miracoli che ho vissuto personalmente sono stati due: il primo, semplicemente riuscire a giungere fin qui perché la fatica è stata tanta, il secondo, scoprire che l’unico bar aperto la domenica mattina alle 6.30 è un bar italiano dove ho potuto bermi un buon cappuccino con una brioche al cioccolato. Una bella soddisfazione in questa cittadina in cui esistono solo alberghi, alberghi, alberghi e negozi di gadget turistici. Qui non c’è nulla di santo e ho trovato invece quanto di più bieco e volgare possa offrire il panorama “religioso”.
Mi rimane impresso solo l’incontro con Gerhard, olandese alto due metri, con gli occhi blu e i boccoli da Gesù Cristo. Non nel deserto del Sinai ma in una mensa affollata e molto ospedaliera in cui sia io che lui ci sentivamo un po’ come dei marziani. Gerhard è in cammino dal 19 luglio ma ha ancora due anni di “strada” davanti a sé… È partito senza soldi in tasca e se l’è sempre cavata! Questo mi ha fatto pensare molto. Dice che la fortuna lo accompagna e che ogni sera ripete a sé stesso che le cose non potrebbero andare meglio. Buon viaggio Gerhard, è stato un piacere condividere con te questa fiasca di vino.

La mattina ho ritrovato i miei compagni di viaggio francesi e siamo filati via come treni da Lourdes.
Pochi km ed eccoci alle salite tanto attese e al il primo tuffo serio nei Pirenei.
Catene di montagne bellissime che si aprono davanti ai nostri occhi mentre avanziamo decisi. Pause ritmate e brevi, molto cammino silenzioso. Alla sera, prima di giungere nel bel rifugio tutto pulito e ordinato dove siamo ora, abbiamo avuto diritto alla prima pioggerellina di questi giorni. Ora, come tutte le sere, ho una gran fame e attendo con impazienza la cena. Bello aver fame in questo modo! Un bisogno semplice e naturale e la sensazione di meritarmi una buona minestra calda.

Qualche parola ancora sui miei compagni di viaggio di questi giorni.
Geneviève, in certi momenti mi ricorda T.: il tono della sua voce, una certa dolcezza mai scissa dalla chiarezza. La “rettitudine” nel suono delle sue parole. Quando chiede qualcosa a suo marito rievoca in me il modo che aveva T. di porre delle domande.
Mentre camminiamo la guardo con attenzione da dietro: i suoi passi sono regolari e corti, il suo koshi è forte, il bacino chiuso, i piedi diritti. Ne risulta un’impressione di grande centratura.
È una donna tutta di un pezzo, la chiamano la “generalessa” perché François è solo un colonnello e dicono che sia lei a tenere le redini in famiglia. Tuttavia, nemmeno lui è certo un debole. Di fronte al pericolo o alla circostanza difficile prende in mano la situazione, almeno finché può. Ha ancora una buona capacità di torsione della colonna vertebrale che lo aiuta ad agire superando i momenti di fatica. Il suo bacino, quando cammina, è più aperto: soprattutto il piede sinistro tende ad allargarsi. Dicono di me che se cammino con loro ci deve essere pure un motivo, che forse sono un angelo che può indicar loro la strada qui nei Pirenei. Potrei dire la stessa cosa di loro e comunque sono ben contento se posso rendermi utile. Sono anche consapevole dell’importanza di non essere stato da solo in questi giorni. Ho avuto bisogno della loro compagnia tranquilla per entrare nel “cammino” e per superare le difficoltà e le ansie iniziali. Ora le spalle fanno molto meno male e anche le gambe cominciano a girare a pieno ritmo. A tratti hanno davvero voglia, loro, di avanzare con slancio ed energia. Fa piacere sentire che si rafforzano e questa spinta che viene dal basso porta molta fiducia fresca alla mente.



11 ottobre

Siamo sul Col de Bazès, a 1500 metri. Sono le otto del mattino e questo sito è sacro e magnifico.
Tutto è tondo, il cielo è immenso e aperto, il silenzio è quello che si può ascoltare solo in montagna. Grazie Dio! Penso alle persone amate e all’Universo intero.

ƒm

Dopo aver pranzato, salgo da solo fino al Col de Tortes (1799m.). Incontro i magnifici e possenti cavalli dei Pirenei che mi osservano silenziosi e immobili mentre le loro criniere sono scosse dal vento. Raccolgo qui la pietra a forma di pesce che lascerò alla croce di ferro, tra molti giorni, sul cammino spagnolo.


                                 La Spagna è laggiù, dietro alle montagne… Qui tanti cavalli e silenzio.

lunedì 2 marzo 2015

Il mio Cammino di Santiago (I)

 
Il mio Cammino di Santiago
infiniti passi necessari
( ottobre-novembre 2004 )



Testi e fotografie
di Giovanni Frova



Premessa

Mi è capitato, poco tempo fa, di riprendere in mano i due piccoli quadernetti, uno blu e uno rosso, in cui durante i 45 giorni del mio cammino, avevo annotato il mio vissuto e i miei incontri di questo straordinario periodo che sempre rimarrà impresso nella mia memoria.
Certo, non ero riuscito a scrivere di ogni impressione o emozione vissuta ma… nemmeno ne avevo l’intenzione! Volevo soltanto lasciare qualche traccia scritta di questo mio percorso interiore e di questi passi sulle terre di Francia e di Spagna, qualcosa che un giorno lontano forse mi farà piacere rileggere e ricordare. E così, tra le mille cose dimenticate, o non raccontate, ne rimarrà almeno qualcuna che forse il tempo non cancellerà o che cancellerà solo più tardi. Qualcuna che mi farebbe anche piacere condividere con amici, persone vicine e, perché no, con i compagni di cammino, peregrinos, passati, presenti o futuri. Ho deciso allora di dedicare un po’ di tempo alla trascrizione in formato elettronico degli scritti di allora e, anche questa volta, come spesso accade per le trascrizioni fatte a distanza di tempo, il lavoro è stato piuttosto lungo e ha richiesto pazienza e riflessione.
Oggi, sei anni dopo, mi riconosco nella sostanza di quello che ho scritto e sono sempre lo stesso Giovanni di allora (che sente peraltro ciclicamente risalire in sé il desiderio di rilanciarsi nuovamente in una simile avventura). Se però dovessi riscrivere daccapo tutto quanto userei parole diverse, il che vale a dire che se dovessi intraprendere il cammino ora avrei nuovi slanci, nuovi stimoli, nuovi bisogni e anche nuove figure di riferimento, in terra come in cielo… Sono cambiato e sono cresciuto, come è normale e giusto che sia, forse sono diventato un uomo più maturo, chissà…
Detto questo, non esito nemmeno un istante a individuare nel Cammino di Santiago uno dei momenti fondamentali della mia crescita in quanto uomo. Un passaggio necessario, a lungo atteso e finalmente compiuto. Ecco perché, pur non riconoscendomi ora in tutto quello che scrissi allora, o rileggendolo con occhi diversi, ho deciso di trascriverlo pari pari per non alterarne la forma e la qualità. Questo testo non ha perciò alcuna pretesa letteraria - se mai avesse potuto averne – ma nella disparità di stili di scrittura, di ritmo, di intenti, riflette bene gli umori alterni, gli stati d’animo e gli entusiasmi di una persona che come me aveva deciso di affrontare un’esperienza di questa portata con un sincero desiderio di apertura e di scoperta. Tuttavia, nella mancanza di una struttura unitaria e nelle forme troppo diverse sta anche la parte debole dello scritto ma voglio lasciare al lettore il giudizio se sia effettivamente così. Per quanto mi riguarda, so che un filo sotterraneo collega e da un senso a tutte queste pagine scritte: non voglio però fare ora un lavoro a posteriori per renderlo più manifesto ed esplicito ma lascio a chi legge, se lo desidera, il compito di individuarlo. 
Con un cuore vuoto e poche idee in testa ho affidato ai miei piedi il compito di portarmi lontano, un po’ oltre rispetto ai limiti dell’orizzonte conosciuto fino ad allora. Ci sono riusciti, senza nemmeno eccessivi sforzi, e sono loro grato almeno quanto sono orgoglioso di me stesso per aver portato a termine questo viaggio in cui le difficoltà da superare non sono certo mancate. Ancora oggi provo un senso di fierezza.
Sì, fierezza è forse un termine più appropriato di orgoglio: il cammino è stato il mio primo passo verso la riconquista di una fierezza inopinatamente perduta nei mesi e negli anni che lo avevano preceduto. Ecco perché quando in seguito mi è capitato di dover presentare il mio curriculum vitae non ho potuto evitare di segnare in bella evidenza: 2004, Cammino di Santiago!
Ho deciso di intraprendere il cammino solo due settimane prima della partenza, sapendo di esso poco o niente: la mia preparazione sotto tutti i punti di vista era certamente scarsa e insufficiente… 
Ma era il momento giusto!
Per questo so che è assolutamente impossibile consigliare a qualcuno, ad un amico o ad una persona cara, di intraprenderlo. Per qualche viaggio o spedizione lo si potrebbe forse fare - anche se nutro qualche dubbio in proposito - ma non per questo particolare tipo di cammino. Bisogna aspettare che il bisogno interiore si manifesti in tutta la sua chiarezza e, a partire da quel momento, scompare ogni dubbio.
Quale bisogno? Quello che nasce e germina in ciascuno di noi e che noi soli, senza nessun aiuto o suggestione esterna, possiamo sentire.
Pazienza, prima o poi il momento buono arriva per tutti, a condizione che lo si desideri fortemente. A noi sta la libera decisione di coglierlo e assaporarlo oppure di non rispondere all’invito.
Io, in quei giorni, avevo davvero bisogno di ritrovare i miei piedi e di ridare fiducia alla loro saggezza. Mi sono affidato a loro affinché mi portassero a destinazione!
Per ore e ore li ho osservati, un passo dopo l’altro.
Avanzavano con sempre maggiore sicurezza e man mano che ciò avveniva cresceva in me un profondo senso di calma e di serenità semplice. Ancora oggi è così e quando le energie non scorrono, i pensieri mi opprimono oppure ho l’impressione di perdere il mio centro, allora cammino e in quei passi ritrovo il suono e il sapore di quegli altri infiniti passi e l’eco lontana di un’Altra infinita Presenza…

Kyoto, 22 agosto 2010 






 3 ottobre

Ecco, sono semplicemente qui, al punto di partenza.
La croce di Mas d’Azil, forte e di legno, che guarda il villaggio dall’alto.
La croce che è caduta quando la mamma è morta, nel settembre 1984, e che poco dopo è stata rimessa al suo posto.
La croce che per tutto quest’anno mi ha accompagnato e sostenuto.
Che mi ha invitato a mettermi in piedi e a starci.
Stare dritto sulle mie gambe.
È l’obiettivo di questo mio viaggio verso Santiago di Compostela di cui questa croce è il simbolo, la causa e il fine.
Signore, Padre nostro, Dio che sei nei cieli e nella terra, che sei in ogni essere vivente e in ogni cosa, che sei luce e che sei amore, Signore io ti prego.
Ti prego di accompagnarmi fino a Santiago e di sostenermi nei momenti di debolezza che si presenteranno.
Ti prego di mantenermi in un cammino semplice e retto, di darmi un ritmo secondo natura, di portare la quiete nel mio cuore.
Fai che sia davvero aperto, il mio cuore, e che i miei occhi vedano.
Che l’Altro possa penetrarmi e che io sappia accoglierlo senza ostacolarlo.
Che qualcosa possa veramente cambiare in me e che le lacrime bagnino le mie guance e riscaldino il mio cuore.
Signore, ti prego ancor di più di accompagnare le persone che amo e che non possono fisicamente partire con me. Sii con loro e ascolta le loro preghiere silenziose o pronunciate. Scalda i loro cuori nei momenti di sconforto e assistile.
Domani mattina presto caricherò lo zaino sulle spalle, prenderò il mio bastone di bambù e mi incamminerò in un sentiero sconosciuto. Finalmente il salto nel vuoto e un po’ di rischio nella mia vita.
Gratitudine immensa per chi mi consente oggi di partire.




 4 ottobre

Prime impressioni!
Alle 5.45 mi sveglio e sveglio C. perché possa andare all’Aikido.
Poi mi riaddormento fino alle 7.30.
Fuori è ancora buio.
J. mi chiama cinque minuti prima della mia partenza per augurarmi “Bonne marche!”.
Mi dice anche che oggi è il giorno di San Francesco di Assisi e che è un buon giorno per mettersi in cammino…
Lascio la casa di Mas d’Azil solo dopo aver colto qualche fiore nel giardino.
Faccio i miei saluti, chiudo a chiave la porta e…
Sono partito!
Lo zaino pesa troppo, lo sento da subito. Mi pongo seriamente la domanda se riuscirò a fare 1000 km con questo peso. Andando lento lento, forse. Comunque sia, non ho fretta… Devo anche abituarmi un po’ e rinforzare i muscoli dorsali.
Due cani abbaiano al mio passaggio qualche casa più in là. Li trovo proprio subito sul mio cammino, i cani, e sembrano piuttosto cattivi! Passo davanti a loro senza badarci troppo e si quietano.
Poi la grotta a piedi.
Mi sembra di passarci per la prima volta.
Vedo l’acqua limpida, giù in basso, all’ingresso, poi entro nell’oscurità silenziosa.
Peccato che ci siano le luci artificiali ad illuminare la strada. Sono comunque tenui.
La grotta mi appare oggi in tutta un’altra luce. È maestosa e antica, con spazi immensi che si aprono man mano che si avanza nel cammino. Mi fermo nel mezzo e nel silenzio recito due volte, a voce alta, il Padre Nostro. Lo recito in francese, nella versione che mi ha dato J.. La seconda volta ha davvero una risonanza. Poi vado verso la luce intensa che si intravede all’uscita della grotta.
Doveva cominciare così il mio viaggio: con un tuffo nell’oscurità e una prima rinascita. Come Jonas con la balena. Poi, prima di sedermi sul sasso piatto dove sono ora - poco prima di La Plagne - incontro un martin pescatore che mi passa davanti come un siluro e vedo una zucca dalle dimensioni immense.
E ora, in cammino!

ƒ

Arriva la prima sera… ed è già arrivata anche la prima crisi.
Ho assaporato le prime difficoltà oggi.
La strada e il sentiero non finivano più e lo zaino è terribilmente pesante!
Ora sono seduto in un gradevole ristorante di St. Girons, in attesa di un Couscous Royal, le cose vanno un po’ meglio ma insomma… sarà dura!
Tanti momenti diversi in questa lunga giornata…
Davanti a La Plagne ho raccolto delle noci pensando a C. e subito dopo, incredibilmente, i zelantissimi gendarmes di Mas d’Azil si sono fermati con la loro camionette proprio di fronte a me e sono scesi per chiedermi “les papiers d’identité”…
Era lo stesso gendarme con cui quest’estate avevo parlato a lungo per via di un furto che c’era stato nel Foyer rural del paese eppure… non mi ha riconosciuto!
Come se solo pochi passi e un vestiario diverso avessero fatto di me un altro uomo.
Poi, la mia voce deve avergli risvegliato la memoria e abbiamo finito per parlare a lungo di quattro giovani che erano stati individuati come i colpevoli. La situazione era grottesca a dir poco e loro non riuscivano a capire che ero partito per un lungo viaggio.
Continuando…
A un certo punto l’airone è passato sopra la mia testa ed è stato il segno che C. era con me.
Che belli i sentieri, prima pianeggianti e poi man mano sempre più in pendenza. Le prime salite… Paesaggi incantevoli e un sole splendente e caldo.
Tante cose da mangiare, per strada: castagne, noci, mele, more, funghi…
Le more davvero mi hanno sorpreso. Ero nel pieno della salita e in un momento di fatica: ecco che un ramo pieno di more mature e giganti è piovuto dal cielo proprio nel mezzo del sentiero. Non rimaneva che cogliere e assaporare i dolci frutti. Ho pensato che il buon dio provvedeva ai miei bisogni e ho lasciato una parte delle more per chi, dopo di me, sarebbe passato. Lui o lei?
Due georgiani mi hanno dato un passaggio in auto per qualche km. L’ho accettato volentieri. Uno guidava e restava in silenzio. L’altro parlava allegramente delle bellissime ragazze della Georgia: “Le russe poi… sono le più belle in assoluto!”.
Dopo un po’ di strada ancora a piedi sono giunto a Saint Lizier e mi sono diretto subito alla cattedrale. Quando sono entrato vi regnava un gran silenzio e un’atmosfera di concentrazione. Ho pregato a voce alta e sinceramente. Questo è un luogo sacro che amo molto. Qui, solo in questa chiesa accogliente e semplice, mi sono sentito all’inizio di un lungo cammino. Il Cristo grandissimo nell’abside centrale ha una carica umana straordinaria e commovente. E i santi-amanti affrescati al suo fianco esprimono davvero cosa sia l’unione. Un luogo unico!
La sera ancora autostop per venire qui a mangiare. Si è fermata per darmi un passaggio una signora non più giovanissima ma con un lato misterioso e una grande dolcezza. Abbiamo parlato del mio viaggio e lei alla fine, sorridendo, mi ha detto: “Je crois que votre voyage sera beni…”. Merci, questa benedizione mi ha dato coraggio in un momento di sconforto.