5 ottobre
Parto alle 6.30 da Saint Lizier e
cammino nel buio. Su una strada nazionale piena di auto che mi sfrecciano a
fianco. Arrivano le prime tentazioni: lasciare il cammino e procedere
velocemente in autostop verso la Spagna accorciando le tappe francesi. Mi
preoccupano anche le spese che devo affrontare qui in Francia. Tutto sembra
piuttosto caro, soprattutto per dormire e mangiare. Se però scelgo “la via
rapida” questo significa anche perdere di vista il ritmo tranquillo che cerco e
trasformare il cammino in una serie di tappe con delle mete prefissate.
Preferisco fare altrimenti e quando finalmente ritrovo la GR (grande
randonnée) con i
suoi segni di indicazione bianchi e rossi mi sento sollevato. Subito si aprono
nuovi orizzonti, incontro tanti animali e scopro qualcosa di inatteso.
Sulla mia strada, ho già incrociato
tanti alberi secolari. Ieri ho pranzato sotto a una quercia maestosa vicino a
La Gransse (Clermont), oggi, sempre per la pausa pranzo, mi sono fermato
davanti ad un enorme faggio dai molteplici tronchi. Nel sentiero che conduce
dal Col de Portet fino a Escabiros i faggi secolari si succedevano e, ai loro
piedi, era fitta fitta la vegetazione di bossi.
A Razecueillé ci sono due castagni
assolutamente incredibili. Mai ne avevo visti di così grandi. Questa parte di
mondo ha dei lati ancestrali e gli alberi che ho visto raccontano una storia
quasi millenaria.
Stasera sono a Juzet d’Izaut, seduto
all’aperto sulla terrazza dell’Auberge du Cagire. La padrona è sembrata sulle
prime piuttosto scontrosa ma si è sciolta quando le ho mostrato i tre porcini
freschi e sodi che ho trovato sul cammino. Me li prepara per stasera e le ho
proposto di mangiarli insieme. Il più bello? Un porcino bianco meraviglioso… Me
lo sono trovato tra i piedi nel bel mezzo del sentiero. E dire che quando li
cerco non li trovo mai!
Avrò camminato per 25 km e mi
sembrano tantissimi. Quando non ce la faccio più devo smettere di pensare e
concentrarmi sulle gambe che avanzano, un passo dopo l’altro. Ce la farò ad
arrivare fino a Santiago? È salda la mia motivazione? Sono domande a cui non
posso ancora rispondere.
Stamattina, quando cercavo un
passaggio ed ero in preda ad una “fatica spirituale” oltre che fisica,
nessun’auto si è fermata. Eppure molte sono quelle che mi sono sfrecciate
accanto. Mi sono detto: “Dio vuole che cammini e che non mi lasci abbattere
alla prima debolezza”. Poi, come ho detto sopra, mi sono rincuorato ritrovando
il sentiero senza macchine e ho camminato a lungo, da Saint Lizier a Luzenac.
Arrivato a Luzenac avrei voluto visitare la bella chiesa del XII secolo ma era
chiusa.
Proprio lì a fianco c’è un parco
dove vengono allevati i daini. Erano tanti e tutti mi fissavano immobili. Allora ho
fatto qualche passo e mi sono girato all’improvviso. Erano ancora tutti lì a fissarmi penetranti, non una
testa che si muovesse. Cento daini o chissà quanti ed è come se avessero un
corpo unico, un movimento unico, un’attenzione unica!
Tornando sulla strada mi sono detto:
“Faccio l’autostop ma accetterò un passaggio solo se arriva subito”. Un’auto si
è fermata immediatamente! A bordo due tipi gentili, dei “marginali” a modo
loro con un gran cane nero che ha
viaggiato tranquillissimo al mio fianco. Quando ho intravisto il cane nero mi
sono detto: “Ahi, è perché ho accettato il passaggio…”. Ma poi si è rivelato un
animale assolutamente gentile e da non temere. Per ora ho incontrato molti cani
e tutti molto diversi tra di loro. Quando sono liberi e mi si avvicinano
abbaiando mi fermo e li lascio annusare il mio bastone. I cani non mi fanno
paura.
8 ottobre
Sono due giorni che non scrivo!
Ora devo recuperare e non so nemmeno
quando lo potrò fare…
Un incontro non voglio mancare di
sottolinearlo, quello con François e Geneviève, a Juzet d’Isaut la sera del 5
ottobre. Sono arrivati stanchissimi mentre io ero fuori a rilassarmi le spalle
affaticate e a godermi il sole del tramonto. La padrona dell’albergo si stava
dimostrando inflessibile: niente più camere da affittare quella notte! Così ho
incontrato i primi pellegrini del mio cammino proponendo loro di condividere la
mia stanza. Abbiamo dormito insieme, loro sul mio letto, io per terra su un
materassino gonfiabile. Sono stato molto felice di rendermi utile e - di già! -
di non essere più solo. Di queste due persone così particolari e sorprendenti
parlerò ancora in seguito perché ancora oggi siamo insieme.
Oggi ho camminato solo. È stata una
lunga giornata nella foresta, tra colli e ripide discese, cominciata
nell’oscurità del primo mattino. Al buio preghi Dio di non farti perdere il
cammino. Poi tanti passi solitari senza incontrare anima viva fino a sera.
Quando ti perdi nei boschi - soprattutto quando sei già stanco - non è mai
facile. Ritrovare i segni bianchi e rossi della GR o la conchiglia gialla -
sono le prime che vedo, a me sembra un sole che irradia - vuol dire tirare un
gran sospiro di sollievo. È così ogni volta. Ritrovare il cammino ti conforta e
non è poco.
Ho incontrato tanti animali
selvatici e anche un cerbiatto ha galoppato davanti ai miei occhi.
Sono giunto abbastanza presto a St,
Bertrand des Comminges, mi sono sistemato nel campeggio e ho dormito in un
piccolo châlet di legno molto accogliente (come quelli di St. Michel du Var). I
miei amici francesi, giunti poco dopo di me, hanno invece dormito in una
casetta tonda, una piccola “chiesa russa”.
Verso sera ho fatto il mio primo
lavaggio di panni che non hanno fatto in tempo ad asciugarsi per la mattina
successiva.
Prima però ero stato a visitare la
Basilica di St. Bertrand: è straordinariamente bella e misteriosa.
L’entrata della cattedrale è un vero
e proprio ingresso.
Si salgono molti scalini verso il portale e ci si prepara ad entrare sentendosi
piccoli piccoli. La basilica domina tutta la vallata, imponente, ma all’interno
l’atmosfera è sacra e raccolta. C’è grande respiro. È un luogo di silenzio che
invita alla preghiera. Ho pregato anch’io ed ero quasi solo in questo spazio
immenso. Mi sono sentito accolto e non sperduto. Durante il cammino nei boschi
mi ero perso davvero, poche ore prima, e avevo potuto ritrovarmi grazie al
rifugio St. Martin. Il nome mi aveva fatto pensare al père Martin di St. Michel du Var, alla
sua lunga barba e al suo sorriso e mi ero fatto guidare da lui in quel momento
non facile. Ora vorrei spedirgli una cartolina di ringraziamento.
Il paese di St. Bertrand respira
anch’esso di una storia antica ed è ancora oggi un vero borgo medievale.
Ovviamente durante l’estate subirà l’invasione di turisti o “pellegrini
turisti” ma si sente il passaggio di uomini di fede.
La mattina successiva, di buon’ora,
con François e Geneviève abbiamo imboccato un sentiero di campagna con il sole
che sorgeva alle nostre spalle e una luce rossa infuocata nel cielo terso che
avvolgeva la cattedrale. Cominciavo a sentire il senso del cammino che ci porta
sempre verso ovest, verso dove il sole tramonta.
Il 7 e 8 ottobre, abbiamo camminato
sempre insieme attraversando paesaggi dolci e ondulati. In media 25 km al
giorno. Loro camminano già da un mese e hanno un ritmo regolare e ormai corroborato.
Siamo molto diversi ma c’è una buona intesa tra di noi. Lei ha 68 anni e credo
che lui abbia all’incirca la stessa età. Portano molto bene i loro anni. Cosa
dire di loro? Lei ha cinque figli, è una donna di polso, volitiva, dal
carattere forte e un po’ spigoloso. Cammina davanti a noi e vedo ondeggiare la
sua gonna all’antica. Molto cattolica e un po’ rigida ma anche con una bella
apertura interiore e una certa curiosità. È del 1936, lo stesso anno della
mamma. Lei e lui si danno del “voi”. Lui ha fatto una carriera militare - credo
che sia un colonnello - ed è un tipo gioviale anche se un po’ burbero. Parla a
voce molto alta - come fanno i militari - scherza molto, brontola sempre, ama
mangiare. Ha una camminata ancora giovanile. Lei ha un koshi - la parola giapponese che indica
la zona lombare della schiena e il bacino - ben saldo e forte, lui un koshi un po’ rigido. Mi chiedo come siano
nella vita “normale” e se potremmo passare tante ore insieme come facciamo ora
senza annoiarci a vicenda. Ad ogni buon conto credo che sia stata per me una
fortuna incontrarli. Ho potuto camminare più disteso e seguirli. Loro mi hanno in un certo modo
adottato e ora ci prepariamo a trascorrere qualche giorno insieme in alta
montagna.
Per ora mi sembra di farcela. Regolarmente,
intorno al diciottesimo/ventesimo km di cammino ho una piccola crisi. Brucio
tantissime energie e mangio enormemente. Questo bel lavoro del corpo ha un
effetto purificante sotto tutti i punti di vista. È quello che cercavo quando
ho deciso di intraprendere questo cammino.
Nei rari momenti in cui posso
entrare in una chiesa ne approfitto pienamente e l’emozione è forte.
Cammino, cammino, cammino, cibo,
riposo e poi ancora cammino.
Ogni giorno prepari l’indispensabile
per il domani. Tutto è piuttosto semplice e quando si è tanto stanchi non ci si
occupa molto del superfluo.
Oggi siamo giunti a Bagnères de
Bigorre, domani tappa per Lourdes.
Con Geneviève, dopo una giornata di cammino
9 ottobre
Nella notte faccio tanti sogni in
cui riemerge R. e un’atmosfera tutta particolare che ricollego a lui. Nella
semilucidità notturna mi dico che devo riuscire, nell’arco di questo viaggio, a
liberarmi di questo uomo e del suo mondo. Non di lui in persona, evidentemente,
ma di ciò che di lui lavora in me e che pesa. Di quella parte di me che oggi
deve e può andarsene.
Fin dal primo mattino si svegliano
dolori e sensibilità che evidenziano il lateralismo del mio corpo. Mi fa male
tutta la mia parte destra, il piede, la gamba, la spalla. Lo zaino sembra
completamente sbilanciato da quella parte.
10 ottobre
Nella giornata di ieri, tra Bagnères
de Bigorre e Lourdes (circa 27 km), ad un certo punto ci siamo persi per
davvero. Per ritrovare la strada abbiamo dovuto passare sotto a un fitto
reticolo di fili spinati di una proprietà privata. Un uomo a cui avevamo
chiesto aiuto ci ha detto che quella era l’unica soluzione per non allungare in
modo eccessivo il cammino (in alternativa avremmo dovuto fare il giro della
collina ovvero camminare per molti km…). “Attenzione però, perché i proprietari
di quella casa sono gente strana. Sparano a vista - con il fucile! - su quelli
che passano nella loro terra…”. L’impresa aveva quindi un che di avventuroso e
rischioso e non sono mancati gli aspetti divertenti. Nel massimo silenzio e
molto circospetti stavamo faticando per far passare oltre il reticolo gli
zaini, i bastoni e tutto il resto quando si è avvicinato a noi un giovane asino
molto vivace che ha cominciato ad annusarci tutto sorpreso. Noi infilati sotto
al filo spinato e lui che ci manda il suo alito caldo sulla faccia. Quando poi
ha capito che stavamo per allontanarci ha cominciato ha cominciato a ragliare
fortissimo e a battere gli zoccoli sul terreno. Ci ha inseguiti al galoppo e
voleva evidentemente che rimanessimo con lui! Niente spari comunque,
probabilmente i proprietari dal grilletto facile dormivano o non erano in casa…
Tappa lunga quella di oggi e infine
il “bagno” nella megatruffa di Lourdes.
Lourdes è una cittadina
disgraziatamente e disperatamente profana. Invasa da migliaia di invalidi, di
assistiti, di assistenti, di vecchi preti e suore zelanti.
L’atmosfera che si vive è
assolutamente irreale.
I miracoli che ho vissuto
personalmente sono stati due: il primo, semplicemente riuscire a giungere fin
qui perché la fatica è stata tanta, il secondo, scoprire che l’unico bar aperto
la domenica mattina alle 6.30 è un bar italiano dove ho potuto bermi un buon
cappuccino con una brioche al cioccolato. Una bella soddisfazione in questa
cittadina in cui esistono solo alberghi, alberghi, alberghi e negozi di gadget
turistici. Qui non c’è nulla di santo e ho trovato invece quanto di più bieco e
volgare possa offrire il panorama “religioso”.
Mi rimane impresso solo l’incontro
con Gerhard, olandese alto due metri, con gli occhi blu e i boccoli da Gesù
Cristo. Non nel deserto del Sinai ma in una mensa affollata e molto ospedaliera
in cui sia io che lui ci sentivamo un po’ come dei marziani. Gerhard è in
cammino dal 19 luglio ma ha ancora due anni di “strada” davanti a sé… È partito
senza soldi in tasca e se l’è sempre cavata! Questo mi ha fatto pensare molto.
Dice che la fortuna lo accompagna e che ogni sera ripete a sé stesso che le
cose non potrebbero andare meglio. Buon viaggio Gerhard, è stato un piacere
condividere con te questa fiasca di vino.
La mattina ho ritrovato i miei
compagni di viaggio francesi e siamo filati via come treni da Lourdes.
Pochi km ed eccoci alle salite tanto
attese e al il primo tuffo serio nei Pirenei.
Catene di montagne bellissime che si
aprono davanti ai nostri occhi mentre avanziamo decisi. Pause ritmate e brevi,
molto cammino silenzioso. Alla sera, prima di giungere nel bel rifugio tutto
pulito e ordinato dove siamo ora, abbiamo avuto diritto alla prima
pioggerellina di questi giorni. Ora, come tutte le sere, ho una gran fame e
attendo con impazienza la cena. Bello aver fame in questo modo! Un bisogno
semplice e naturale e la sensazione di meritarmi una buona minestra calda.
Qualche parola ancora sui miei
compagni di viaggio di questi giorni.
Geneviève, in certi momenti mi
ricorda T.: il tono della sua voce, una certa dolcezza mai scissa dalla
chiarezza. La “rettitudine” nel suono delle sue parole. Quando chiede qualcosa
a suo marito rievoca in me il modo che aveva T. di porre delle domande.
Mentre camminiamo la guardo con
attenzione da dietro: i suoi passi sono regolari e corti, il suo koshi è forte, il bacino chiuso, i piedi
diritti. Ne risulta un’impressione di grande centratura.
È una donna tutta di un pezzo, la
chiamano la “generalessa” perché François è solo un colonnello e dicono che sia lei
a tenere le redini in famiglia. Tuttavia, nemmeno lui è certo un debole. Di
fronte al pericolo o alla circostanza difficile prende in mano la situazione,
almeno finché può. Ha ancora una buona capacità di torsione della colonna
vertebrale che lo aiuta ad agire superando i momenti di fatica. Il suo bacino,
quando cammina, è più aperto: soprattutto il piede sinistro tende ad
allargarsi. Dicono di me che se cammino con loro ci deve essere pure un motivo,
che forse sono un angelo che può indicar loro la strada qui nei Pirenei. Potrei
dire la stessa cosa di loro e comunque sono ben contento se posso rendermi
utile. Sono anche consapevole dell’importanza di non essere stato da solo in questi
giorni. Ho avuto bisogno della loro compagnia tranquilla per entrare nel
“cammino” e per superare le difficoltà e le ansie iniziali. Ora le spalle fanno
molto meno male e anche le gambe cominciano a girare a pieno ritmo. A tratti
hanno davvero voglia, loro,
di avanzare con slancio ed energia. Fa piacere sentire che si rafforzano e
questa spinta che viene dal basso porta molta fiducia fresca alla mente.
11 ottobre
Siamo sul Col de Bazès, a 1500
metri. Sono le otto del mattino e questo sito è sacro e magnifico.
Tutto è tondo, il cielo è immenso e
aperto, il silenzio è quello che si può ascoltare solo in montagna. Grazie Dio!
Penso alle persone amate e all’Universo intero.
m
Dopo aver pranzato, salgo da solo
fino al Col de Tortes (1799m.). Incontro i magnifici e possenti cavalli dei
Pirenei che mi osservano silenziosi e immobili mentre le loro criniere sono
scosse dal vento. Raccolgo qui la pietra a forma di pesce che lascerò alla
croce di ferro, tra molti giorni, sul cammino spagnolo.
La Spagna è laggiù,
dietro alle montagne… Qui tanti cavalli e silenzio.